Fiume volto di una città e l’identità dei fiumani italiani rimasti

Proponiamo qui di seguito testo della conferenza tenuta via zoom sulla città di Fiume che ha visto protagonisti Franco Papetti , Presidente di AFIM Libero Comune di Fiume in Esilio, e da Melita Sciucca, Presidente della Comunità degli Italiani di Fiume.

di Franco Papetti  «Il termine urbicio fu inventato da Bogdan Bogdanovićarchitetto, urbanista, sindaco di Belgradodal 1982 al 1986, è una delle figure più eminenti della cultura jugoslava del ‘900. Il riferimento è alla città di Vukovar contesa fra croati e serbi. Urbicidio è quindi non solo la distruzione fisica di una città ma soprattutto l’annientamento della sua anima più profonda. Nelle guerre moderne la città è divenuta uno degli obiettivi e delle vittime principali. Per riprendere l’efficace espressione del filosofo Paul Virilio, la strategia delle nuove guerre è oggi, essenzialmente, una “strategia anti-città”. Lo spazio urbano è diventato bersaglio non solo per motivi strategici, ma soprattutto per i significati che incarna: valori identitari, sociali e culturali. Per parlare di urbicidio di Fiume è necessario qualche breve cenno della sua storia. Sorta su un precedente castelliere liburnico fu con il nome di Tarsatica stazione di posta sulla strada che conduceva vero la Dalmazia. Già nel basso impero si sviluppò una cittadina alla base della collina dove sorgeva Tarsatica sulla riva del mare e nei presi di un fiume. Distrutta dai franchi fu ricostruita e cambiò il nome in San Vito al fiume o Sanct Veit am pflaum, Rijeka, Reka. Proprietà del Patriarcato di Aquileia, passò poi ai vescovi di Pola, nel 1139 ai conti di Duino e nel 1399 ai Walsee per poi passare definitivamente agli Asburgo nel 1483 sotto il cui dominio resterà fino alla prima guerra mondiale. Fiume era una città di frontiera e non di confine ovvero una città dove si incontravano i popoli di lingua italiana tedesca, slava, ungherese. Già citata da Dante nel canto IX dell’inferno come limite dell’Italia: “Sì com’a Pola presso del Carnaro, ch’Italia chiude e i suoi termini bagna» (Inferno, Canto IX, 113-114).” Difese sempre la sua autonomia municipale nei secoli, confermata da Ferdinando d’Asburgo nel 1530; non fu mai dominata da Venezia a parte la distruzione del 1507 e 1509 e la lingua franca era l’italiano o istroveneto confermata da un documento del notaio De Reno nel 1449 con la tariffa del mercato del pesce che dimostra appunto che l’italiano era la lingua del popolo la lingua di comunicazione tra tutte le nazionalità che vivevano nella città. Due date importanti nella storia della città sono il 1719 quando viene istituito il porto franco e 1779 quando Maria Teresa d’Asburgo fa diventare la città “Corpus Separatum” dell’Ungheria. Allora la città aveva poco più di 5.000 abitanti e proprio grazie a questa specificità si sviluppò considerevolmente fino a diventare uno dei principali porti del mediterraneo con una popolazione intorno ai 50.000 abitanti alla fine del diciannovesimo secolo. A Fiume convivevano italiani, croati, ungheresi, tedeschi e la città aveva sempre difeso accanitamente la sua pecularietà cosmopolita con sua forte autonomia municipale. Il censimento asburgico del 1910 rileva che su un totale di 49.806 abitanti il 48,61% era di lingua italiana, 25,95 % di croati, il 13,04% di ungheresi. Proprio per questi motivi la città si era sempre dimostrata poco interessata agli ideali irredentistici (solo nel 1905 viene fondata la “giovine Italia”) e proprio la nascita del partito autonomo fiumano, maggior partito politico fiumano (1896), si propone contrario all’ideologia nazionalistica. Con la fine della prima guerra mondiale sorge il problema di Fiume che non era stata inserita nel patto di Londra nelle rivendicazioni italiane in caso di vittoria. Voglio solo segnalare che il Consiglio Nazionale italiano” di Fiume il 30 ottobre 1918 chiede, rifacendosi ai 14 punti wilsoniani sull’autodeterminazione dei popoli, l’annessione all’Italia. Avremo poi l’avventura dannunziana con Reggenza italiana del Carnaro, lo stato libero di Fiume che durerà operativamente poco più di un anno ed infine la ripartizione della città nel 1924 tra Italia e SHS che diventerà poi Jugoslavia, ovvero la gran parte della città alla destra del fiume Eneo o Fiumara all’Italia e la parte alla sinistra con il sobborgo di Sussak, Porto Baross ed il Delta allo stato SHS. Arriviamo alla Seconda guerra mondiale dove avverrà la cesura storica e in definitiva l’urbicidio di Fiume L’entrata delle truppe della IV armata partigiana Jugoslava avvenne il 3 maggio 1945; come negli altri paesi dell’Europa orientale, liberati dall’armata rossa, si iniziò immediatamente ad instaurare un sistema di “democrazia popolare” fondato sul partito unico.  Lo strumento, per poter arrivare alla costituzione di una nuova organizzazione statale  totalitaria fu una struttura repressiva che epurava gli oppositori reali o potenziali del nuovo regime; ne fecero le spese per prima gli autonomisti che non avevano accettato di collaborare  per il passaggio di Fiume alla Jugoslavia e poi tutti coloro che rappresentavano la struttura statale italiana come carabinieri, finanzieri, guardie di pubblica sicurezza , poi fascisti o presunti tali e poi cittadini fiumani comuni gravati da sospetti, delazioni, vendette personali. A Fiume si instaurò un pesante clima di paura e intimidazione; il tribunale del popolo lavorava a pieno regime come pure la polizia segreta dell’OZNA comandata da Oskar PisKulic.. Amleto Ballarini valuta in non meno di 600 i morti in questo periodo che va dal maggio 1945 al dicembre 1945, con un numero altissimo di sentenze del tribunale del popolo con requisizioni e condanne ai lavori forzati come “nemici del popolo”. Ai fiumani fu chiaro che il futuro di Fiume era segnato ed il passaggio alla Jugoslavia inevitabile. La commissione internazionale per la definizione dei confini visitò Gorizia, Trieste e l’Istria ma non si fermò a Fiume. Da subito, quindi, cominciò lo svuotamento della città, anche se il 31 ottobre 1945 il presidente dello stato federale popolare di Croazia Vladimir Bakaric proclamò di voler garantire il rispetto delle tradizioni e dell’autonomia municipale fiumana e dei diritti etnici e culturali degli italiani di Fiume. L’abbandono della città, quindi, iniziò subito e continuò fino ai primi anni cinquanta con punte dopo il 10 febbraio 1947 che aprì il periodo delle opzioni. Ma di quali numeri parliamo? Nel censimento di Fiume del 1942 su una popolazione totale di 60.892 abitanti, coloro che si dichiaravano di lingua italiana erano 41.314 (67,8%). Se prendiamo il censimento jugoslavo del 1961, quando l’esodo si era concluso, coloro che si dichiarano di nazionalità italiana ammontavano a 3.247. La differenza tra questi numeri econsiderando anche coloro che giunsero a Fiume dopo il 1945, i così detti monfalconesi, arriviamo ad un numero di 38.000 (oltre al 90%) coloro che abbandonarono la propria città in meno di un decennio. L’urbicidio di Fiume si stava compiendo. Cambiavano i nomi delle  vie della città , veniva cambiata la bandiera della città, cancellati i simboli plurisecolari, l’ aquila bicipite collocata sulla Torre civica, già decapitata di una testa dai legionari dannunziani, veniva tolta nel 1949 perché simbolo dell’Impero austro-ungarico e poi del regime fascista italiano, abolite le insegne in italiano dei negozi, abolito il bilinguismo, chiuse la maggior parte delle scuole in italiano. La città stava perdendo completamente il suo animus loci. Qui posso raccontare la mia storia personale di una famiglia la cui presenza a Fiume è accertata dal 1700 e pur nelle difficoltà del dopoguerra voleva continuare a vivere nella terra degli avi; non fu possibil: mio nonno arrestato come nemico del popolo in quanto titolare di una impresa commerciale, tutti i beni sequestrati, relegati a vivere in una camera, incomprensioni ed angherie quotidiane da parte dei nuovi padroni;” non se pol vivere cussi” diceva mestamente. Un intero mondo era scomparso; con i fiumani se ne era andata l’anima stessa della città fatta di storia accumulata nei secoli, di tradizione e di cultura. La Jugoslavia imponeva la sua storia della città che diveniva croatissima da sempre modificando o cancellando duemila anni di passato. Una città storicamente cosmopolita si trasformava in Rijeka una città omogeneamente croata di 128.000 abitanti con una piccola minoranza italiana che faticava a farsi riconoscere la sua autoctonia. Con l’ingresso della Croazia nella Unione Europea (2013) e quindi nella condivisione di ideali comuni europei è incominciata una fase nuova di maggiore attenzione al passato di Fiume da parte delle autorità croate ed è cominciato un ritorno culturale ed intellettuale dei fiumani, un riapprovarsi delle proprie radici culturali. Quest’anno Fiume è la capitale europea della cultura con il titolo di “porto delle diversità’, e notevoli sono stati i passi che è stato possibile compiere insieme. L’Associazione fiumani italiani nel mondo-libero comune di Fiume in esilio si è posta l’obiettivo di collaborare con la Comunità italiana di Fiume per un ricongiungimento di coloro che hanno scelto la via dell’esilio e coloro che sono ora cittadini croati di nazionalità italiana per un rafforzamento della comune storia cittadina e della riscoperta del patrimonio culturale sempre con l’obiettivo di evitare il completo assorbimento e la totale integrazione nelle nuove realtà. Già si vedono i primi risultati (aquila bicipite riposizionata sulla torre civica, riutilizzo della bandiera storica, odonimi anche in italiano nella città vecchia., riconoscimento della storia pregressa della città).  Bisogna andare avanti forse non tutto è perso.»

Professoressa Melita Sciucca «La Comunità degli Italiani di Fiume è un’associazione di cittadini che conta  circa 4500 iscritti. Quest’anno si celebrano i 75 anni della sua fondazione: infatti l’ex Circolo Italiano di Cultura di Fiume nasce nel 1946, quando a Fiume gli Italiani erano diventati minoranza. Abbiamo mantenuto  le nostre istituzioni: a Fiume opera tutta la verticale scolastica italiana (un gruppo di asilo nido, 6 gruppi prescolari, 4 scuole elementari, la Scuola Superiore Italiana, ex Liceo con 4 indirizzi e il Dipartimento di Italianistica presso la Facoltà di Filosofia di Fiume), c’è la Casa giornalistico-editoriale EDIT che pubblica il quotidiano La Voce del Popolo, il quindicinale Panorama, il mensile per ragazzi Arcobaleno, la rivista trimestraledi cultura La Battana. Quest’anno anche la compagnia di prosa del Teato nazionale, il Dramma Italiano – unica compagnia stabile italiana all’estero, creata prima del Piccolo Teatro di Milano – compie 75 anni. Non devo dimenticare i programmi in lingua italiana di Radio Fiume, il Comitato fiumano della Società Dante Alighieri e i Consigli della minoranza italiana cittadino e regionale, organi locali consultivi. Siamo una delle minoranze nazionali a Fiume (ce ne sono una ventina in tutto), ma l’unica ad avere riconosciuta l’autoctonia nello Statuto cittadino. La nostra Comunità si propone di mantenere e curare la tradizione fiumana, il dialetto, la cultura, ma anche di farle conoscere al popolo di maggioranza perché siamo coscienti di essere fiumani, parte integrante della città e che la cultura e la lingua italiane convivono da sempre, sin dalle origini, con le altre culture. I toponimi italiano e croato, Fiume e Rijeka, sono presenti da sempre. Il nome italiano della città è Fiume e quello croato Rijeka. Per questo motivo, noi fiumani ci risentiamo molto quando i turisti italiani arrivano in città e la chiamano Rijeka. Si tratta pure di un fatto linguistico: in croato parliamo di Rijeka, Krk, Pula, Rim, Trst, Beč mentre in italiano di Fiume, Veglia, Pola, Roma, Trieste e Vienna. Ci risentiamo anche per il fatto che il toponimo Fiume, pur essendo tanto naturale e logico, non venga accettato nemmeno dal popolo di maggioranza: infatti le tabelle turistiche  Rijeka-Fiume, che avrebbero dovuto venir installate alle entrate della città in occasione dell’inaugurazione di Fiume, capitale europea della cultura, non sono mai apparse.  Sono invece visibili nel centro storico della città le tabelle con gli odonimi delle vecchie strade e piazze da cui si evincono la ricca storia fiumana e la presenza secolare della cultura italiana in città, come pure di quella ungherese e austriaca. Recentemente una piazza fiumana, quella davanti al Palazzo del Governo, è  stata intestata a Riccardo Zanella, grande autonomista fiumano. E ancora, il motto della tifoseria della squadra di calcio del Rijeka è…Forza Fiume! Ci sono stati momenti molto difficili in questi 75 anni, momenti in cui le nostre scuole stavano per chiudere perché non c’erano bambini che le frequentavano. Desidero ricordare le maestre che in quei periodo lavoravano a scuola, coloro grazie a cui la mia generazione è presente ed attiva ora, nell’ambito della Comunità: Maria Schiavato, ad esempio – la moglie dello scrittore Mario Schiavato, recentemente scomparso-negli Anni Settanta del secolo scorso è andata da porta a porta a bussare ai fiumani affinché continuassero a iscrivere i propri figli nelle nostre scuole. E l’ha avuta vinta! Oggi operiamo grazie ai mezzi stanziati dal Ministero degli Esteri Italiano, senza i quali moltissime attività non sarebbero possibili, specie quelle in Comunità (i cori, i minicantanti, la mandolinistica, i solisti, i gruppi filodrammatici, i corsi di lingua italiana alla Scuola Modello, tutte le attività culturali), ma anche ai mezzi croati-nazionali, regionali e locali.  Cerchiamo di mantenere i contatti con le istituzioni della maggioranza, collaborare quanto più possibile con gli enti culturali croati, ma anche di svolgere attività con le istituzioni sunnominate e con le altre CI della zona. Negli anni  ’90 c’è stato un riavvicinamento tra le istituzioni fiumane, la Società di studi Fiumani e l’Archivio storico di Roma e il Libero Comune di Fiume in esilio . Infatti prima di quegli anni non si parlava di esodo, di fiumani andati via. Per esempio nella mia famiglia, i due fratelli della nonna paterna se ne sono andati nel 1949 e due fratelli di mio padre negli anni Cinquanta. Io sapevo di avere dei parenti in Italia, ma non conoscevo il motivo per cui se n’erano andati e a casa non se ne parlava. Appena negli Anni ’90 si è aperta la grande pagina dell’esodo, sono usciti tanti libri sull’argomento, pian piano ne abbiamo preso coscienza anche noi più giovani. È nato un bellissimo rapporto tra fiumani di qua e di là, un rapporto che ha avuto una bella svolta circa due anni fa quando ho conosciuto Franco Papetti che mi ha conquistato con una frase: Non esistono rimasti e esuli, esistiamo noi, fiumani, siamo tutti una cosa sola!  Ho accettato molto volentieri e con gioia di far parte dell’Ufficio di presidenza dell’AFIM, con cui abbiamo intrapreso dei progetti comuni, importanti: la salvaguardia del cimitero di Cosala, vari progetti con le scuole, pubblicazioni di autori fiumani (stiamo preparando la versione croata e italiana del libro Un italiano di Fiume dello scrittore Enrico Morovich, che usciranno in cofanetto) al fine di far conoscere alla maggioranza croata i nostri autori andati via e che sono diventati famosi in Italia e nel mondo, scrivendo della nostra città. Attualmente ci stiamo preparando per sfide importanti: tra un mese ci saranno le elezioni amministrative, verranno eletti il nuovo sindaco e il nuovo presidente della regione. Ci sono tanti candidati e sarà fondamentale che vinca qualcuno che conosca le peculiarità della città, che rispetti la nostra presenza,  che sia tollerante. E poi, in autunno ci attende il censimento della popolazione: dal numero dei dichiarati dipenderà tutta una serie di cose, compresi i finanziamenti. Dobbiamo risolvere il problema del cimitero di Cosala, testimone delle culture che si sono intrecciate nei secoli; e ancora la costruzione dell’asilo italiano che dovrebbe diventare una nuova istituzione autonoma, forse la più importante perché sappiamo tutti che certi valori vanno inculcati sin dalla più tenera età. In quanto presidente della Comunità degli Italiani di Fiume e in quanto fiumana patoca, io sono ottimista e sono convinta che nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli, riusciremo a mnatenere in vita la nostra fiumanità ancora per molto molto tempo».

(crediti Wikipedia)

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